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Ansia



L'ansia. Questa emozione sta diventando sempre più presente e discussa nella nostra società attuale. In che cosa differisce dalla paura? Come possiamo affrontarla? Beh, questa e' l'esperienza di Anna.


E' stato solo di recente che mi sono resa conto di provare parecchia ansia nella mia vita. Dopo alcuni mesi di terapia ho iniziato a realizzare che c'è uno stato di allerta costantemente attivo in me. Persino ora, mentre scrivo queste righe, mi vengono le lacrime agli occhi. Mi ci e' sempre voluto un sacco di tempo per rilassarmi davvero. Una sola sera libera non fa molta differenza. Magari un intero weekend senza notizie, Internet, discussioni di lavoro o qualsiasi altra situazione stressante smuove qualcosina. Poco. Questo ovviamente influenza le mie emozioni, il mio corpo, la mia vita sessuale, e ... beh, praticamente tutto. Nel corso degli anni ho imparato a gestirla in vari modi, ma probabilmente il passo più importante è stato chiamarla per nome. Identificare l'ansia come un'esperienza che vivo. E usare il termine che si usa nella mia lingua: lęk. Anche se la mia terapia era in polacco, per un bel po' di tempo ho usato la parola inglese "anxiety" per descrivere ciò che provavo. Pensavo che non ci fosse un equivalente polacco che rendesse l'idea. E invece esiste. E su di me ha un potere molto maggiore una volta pronunciato ad alta voce. Ascoltarla e accettarla come parte di me è stato un bel viaggio. Poi ho iniziato a notare come si accende e come differisce dalla paura. Per me personalmente la paura vive nella parte inferiore del mio stomaco e si presenta con sensazioni intense, spesso dolore, in quella zona. L'ansia è più come una nebbia, uno scafandro che avvolge il mio corpo e influenza il modo in cui percepisco il mondo e mi relaziono ad esso. Non è necessariamente collegata a una situazione particolare (anche se ovviamente la mente cerca una spiegazione, di dargli un significato, trovare scuse). E invece l'ansia arriva e basta. E si prende tutto: il mio corpo, le mie emozioni, i miei pensieri. Penso che in una certa misura sia sempre presente - in forma di stato di allerta, come detto prima - ma ci sono momenti in cui si intensifica. L'esperienza più difficile sotto molti aspetti è stata la prima volta che è arrivata, dopo aver terminato con successo la terapia, convinta che fosse finita, che avevo vinto. Be', non è andata così. Ma ora la riconosco velocemente. Le do spazio. So cosa sta succedendo e posso avvisare me stessa e il mondo che mi circonda. Non capisco ancora bene perché si presenta in certe situazioni e non in altre. Perché ho provato una forte ansia durante il mese di preparazione alla RIE - l'incontro degli ecovillaggi spagnoli - quando c'erano una cinquantina di persone nella struttura in cui viviamo, ma non l'ho provata (o l'ho provata in misura molto inferiore) quando ho partecipato al GEN Gathering, con più di 600 persone riunite nello stesso posto? Perché riesco a essere tranquilla e rilassata facendo quattro chiacchiere in una situazione informale una sera e quella dopo come entro, sento di dover scappare, sull'orlo di un attacco di panico? Non ho risposte. Quello che so, però, è che il primo passo è smettere di incolpare me stessa per l'ansia, perché questo scatena immediatamente la vergogna. Accettare che questa è la mia situazione attuale non cancella l'ansia, ma sono sicura che aggiungerci senso di colpa o vergogna non aiuta. Ciò che mi aiuta è comunicare la mia situazione agli altri, soprattutto a quelli con cui vivo. Sono in grado di parlarne con Andrea, non mi e' ancora facile condividerla con la comunità. La mia convinzione di dover essere forte e indipendente e di dover gestire da sola i miei problemi è ancora ridicolmente forte. E anche il fatto di non prendere lo spazio e il tempo altrui - che di nuovo porta al risultato di non chiedere aiuto - è tuttora molto presente. Suona familiare? Beh, non è che sia una strategia di successo. Ma cerco di accettare anche questo. Se il cambiamento arriva, deriva dall'accettazione, non dalla vergogna. Se condividi la stessa sensazione, ricorda che non devi affrontarla da sola. Una forte ansia, e sicuramente la vergogna, potrebbero aver bisogno di un supporto professionale. Ed e' giusto provarci. Non è colpa tua. È il tuo sistema nervoso che sta cercando di proteggerti, anche se lo fa in un modo un po' strambo. Si può cambiare. O almeno renderlo più semplice da gestire.

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